Author picture
17+ Works 96 Members 4 Reviews

About the Author

Series

Works by Giovanni Solimine

Associated Works

Tagged

Common Knowledge

Members

Reviews

E' vero, finiremo tutti in "orizzontale". Ma, per il tempo in cui viviamo in posizione "verticale", sarebbe bene che imparassimo a pensare e vivere in maniera diversa. Un libro interessante.

"In conclusione, l'infrastruttura di rete sta sostituendosi all'infrastruttura urbana: come vale per lo shopping online, che mette in crisi non solo il commercio al dettaglio, ma anche la grande distribuzione e i centri commerciali, non deve sorprenderci se le attività culturali si trasferiscono, almeno in parte, sulla rete, a volte riproducendosi allo stesso modo che nell'universo analogico, altre volte subendo trasformazioni imposte dal mezzo che si utilizza.
Possiamo parlare di 'giovani fuori posto', nel senso che la loro identità è indipendente dai luoghi e dal contesto sociale in cui vivono: se esiste un condizionamento ambientale, è la rete a determinarlo perché la rete è l'ecosistema in cui viviamo.

Poi, come ci hanno insegnato la sociologia e la psicologia sociale, le spinte trovano controspinte, i processi omologanti suscitano reazioni, e la vita perennemente online ha un suo rovescio, costituito dai refrattari, dalle controculture, dagli anticonformisti, ma soprattutto dalle cose che non si possono riprodurre su supporto digitale e ricondurre a una fruizione 'addomesticata', nel senso letterale del termine. Andare in discoteca o frequentare un pub sono pratiche che si identificano con un luogo fisico e sfuggono alla smaterializzazione del web. Così come continuano ad attrarre i grandi eventi di massa, come i concerti musicali e, in parte, alcune manifestazioni sportive, dove incontrare persone animate dalla stessa passione e con cui è gratificante condividere queste esperienze.

Ma la rete resta comunque l'ambiente in cui ognuno di noi in varia misura si trova immerso, e i giovani, spesso maggiormente recettivi agli sconvolgimenti sociali, ne vengono investiti fin dai primi anni di vita e vi acquisiscono quindi molto velocemente dimestichezza. Non deve sorprenderci, quindi, se in particolare nelle giovani generazioni la rete si sia imposta come hub dei consumi, snodo centrale intorno a cui ruota ogni altro aspetto, base fondante su cui costruire un'infinità di nuovi servizi e contenuti, sempre meno provenienti dall'alto e sempre più percepiti come vicini, adattabili alle nostre esigenze.

Il cuore pulsante del villaggio globale è proprio la piazza pubblica del web e in quest'ottica possiamo analizzare alcuni fenomeni che sono emersi dalla nostra analisi dei consumi culturali dei giovani: senza la rete non sarebbe possibile né l'ascesa della playlist né il tramonto del palinsesto monodirezionale; la filosofia del do it yourself, che pure non è nuova alla scena culturale giovanile - si pensi all'ondata punk, che ne fece un pilastro -, guadagna forza pari all'esposizione digitale dei suoi adepti, che scelgono di apprendere da soli, magari senza altra mediazione che un tutorial su YouTube.

Un'altra conseguenza di questa mutazione possiamo individuarla nel rifiuto del 'mercato della cultura'. Diciamo subito che intanto è diverso (e ridotto) il valore che viene attribuito al danaro e al concetto di proprietà intellettuale: si fa fatica ad immaginare di dover pagare l'accesso all'enorme quantità di contenuti che sono a disposizione attraverso un semplice click. Aveva colto questo punto Chris Anderson , uno dei padri della rivoluzione digitale: «Lo sviluppo della freeconomics, l'economia del gratis, è stimolato dalle tecnologie dell'era digitale». Dimenticando con ciò che la produzione culturale è anche un'attività economica che deve dare da vivere a tante persone (non solo agli 'intellettuali', ma anche a tipografi, maestranze ed esercenti del cinema o del teatro, e così via).

Nonostante i giovani si muovano con disinvoltura in questa nuova forma di economia fondata sulla gratuità, non bisogna illudersi che la rete sia un paese dei balocchi che offre tutto a tutti e che prefigura l'utopia di un mondo senza mercato. Non è affatto così: quello che accade è che si sposta il business dalla vendita di un oggetto o di un servizio alla valorizzazione del traffico e dei contatti. Si parla molto di queste nuove forme dell'economia di mercato e non sono soltanto i manager della finanza o delle tecnologie a discuterne.

In un suo recente pamphlet lo scrittore Walter Siti ha scritto: «Sì, è vero, lavori gratis, ma in compenso puoi ottenere gratis molte cose, la Rete ti toglie e la Rete ti dà, quindi mugugna pure se questo ti procura sollievo, ma non azzardarti a ribaltare veramente il tavolo. [...] Lo stesso concetto di 'comprare' è andato in crisi: man mano che tutto si computerizza, le cose che compriamo non ci appartengono davvero - le abbiamo soltanto in uso, con una licenza».

Lo streaming sta diventando la 'forma' che emblematicamente rappresenta la fruizione culturale e forse ogni genere di consumo nel nostro tempo.

Ovviamente ciò che non si paga non è affatto gratis. «Google saprà tutto di noi, ci convincerà che noi siamo Google - spiega Siti -, e contemporaneamente avrà abbastanza denaro per ingaggiare i migliori ricercatori che inventeranno nuovi modi per far entrare Google nella nostra vita». Non a caso si comincia a parlare di 'capitale documediale' che deve essere redistribuito.

Ma le facce della medaglia sono tante: il movimento open source che promuove l'accesso libero alla conoscenza, sia quella depositata in libri e riviste sia quella necessaria a produrre applicazioni informatiche, è fondato sul nobile principio che tutto ciò che è stato prodotto attraverso finanziamenti pubblici, come la ricerca scientifica, debba essere messo liberamente a disposizione della collettività senza doverlo pagare una seconda volta, ciò anche per massimizzarne la diffusione e il riuso. Ma in parallelo troviamo anche un mercato sommerso e illegale: la possibilità di accedere gratuitamente a libri, giornali, film, musica, software e altri contenuti è legata spesso a pratiche di pirateria e a veri e propri reati, talvolta commessi per ingenuità o per un infantile rifiuto delle leggi di mercato.

[...]

Se è vero che l'approccio multiculturale, multidimensionale, onnivoro, della generazione delle reti riposa sul presupposto tecnico e da un certo punto di vista 'filosofico' della vastità mondiale degli stimoli che tutti riceviamo, è anche vero che quegli stimoli hanno bisogno di essere messi in forma, ordinati, che il sapere ha bisogno di essere correlato, che le conoscenze hanno bisogno di essere consolidate e organizzate. La cultura orizzontale in altre parole non può fare a meno della cultura verticale."

(Estratto conclusivo)
… (more)
 
Flagged
AntonioGallo | Dec 19, 2020 |
interesting book on Italian reading habits and demographics- despite having been published in 2010, it includes links to statistical data sources that could be useful should you be e.g. considering launching a new service or product

caveat(s):
1. some of the number-crunching mixes up correlation and causation
2. considering the Italian public, and the questions, in some cases answers probably were biased, from how the sources and sample are described (e.g. to improve the self-image of those answering)
3. skip most of the interpretation on the future of books and the impact of new media- it is even internally inconsistent (but there are plenty of books, and even newspapers articles, that amend that weakness)

if you stick to the main theme of the book and ignore the ancillary theorizations, it is worth reading and certainly could inspire looking into the subject- as, beside those interested in publishing, it could help e.g. any start-up willing to sell products or services to consumers in Italy
… (more)
 
Flagged
aleph123 | Feb 19, 2015 |

You May Also Like

Associated Authors

Statistics

Works
17
Also by
2
Members
96
Popularity
#196,089
Rating
4.0
Reviews
4
ISBNs
19
Languages
2

Charts & Graphs