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While living an oppressive, provincial existence, Mattia Pascal learns that he has been mistakenly declared dead. Blessed with that rarest of opportunities - the chance to start an entirely new life - he moves to a new city under an assumed name, only to find this new "free" existence unbearable. Faking his own suicide, he returns to his hometown, where his wife has remarried and his job has been filled. Reduced to a sad walk-on part in his own life, the only role now left to him is that of the "late Mattia Pascal".… (more)
'I have died already twice, but the first time was a mistake, and the second...well, you may read for yourself.", 14 April 2013 By sally tarbox
Verified Purchase(What is this?) This review is from: The Late Mattia Pascal (New York Review Books Classics) (Paperback) Written in quite a beguiling first-person narrative, we follow the adventures of Mattia Pascal; in debt, unhappily married to a depressed wife, and with a witch of a mother-in-law...Then one day, possessed of a small sum of money, he takes off for a bit, tries his hand in a casino, and comes out a rich man. As he plans to return home, he happens to read a newspaper account of a body found in a stream near his home, which has wrongly been identified as himself. Mattia now plans a life of freedom and enjoyment, living on his winnings. Only life isn't as simple as that... "Outside of the law, and without those characteristics which, happy or sad as they may be, make us ourselves, we cannot live." ( )
A great book about an absurd life, an absurd death and a forged identity. A deep reflection on life through the most comic of stories. A perfect character construction. One of the masterpieces in Italian literature. ( )
Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo.
One of the few things - perhaps the only one - that I know for certain is that my name is Mattia Pascal.
Quotations
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Guardai, e subito mi sorse un pensiero, per la cui attuazione provai dapprima un certo ritegno. Lo dico, perché mi serva di scusa presso coloro che amano il bel gesto, gente poco riflessiva, alla quale piace di non ricordarsi che l'umanità è pure oppressa da certi bisogni, a cui purtroppo deve obbedire anche chi sia compreso da un profondo cordoglio. Cesare, Napoleone e, per quanto possa parere indegno, anche la donna più bella… Basta. Da una parte c'era scritto ‘Uomini’ e dall'altra ‘Donne’; e lì intombai il mio anellino di fede.
Assistendo alla vita degli altri e osservandola minuziosamente, ne vedevo gl'infiniti legami e, al tempo stesso, vedevo le tante mie fila spezzate. Potevo io rannodarle, ora, queste fila con la realtà? Chi sa dove mi avrebbero trascinato; sarebbero forse diventate subito redini di cavalli scappati, che avrebbero condotto a precipizio la povera biga della mia necessaria invenzione.
… ma ben più spesso il piacere che un oggetto ci procura non si trova nell'oggetto per se medesimo. La fantasia lo abbellisce cingendolo e quasi irraggiandolo d'immagini care. Né noi lo percepiamo più qual esso è, ma così, quasi animato dalle immagini che suscita in noi o che le nostre abitudini vi associano. Nell'oggetto, insomma, noi amiamo quel che vi mettiamo di noi, l'accordo, l'armonia che stabiliamo tra esso e noi, l'anima che esso acquista per noi soltanto e che è formata dai nostri ricordi.
« … Quando una città ha avuto una vita come quella di Roma, con caratteri così spiccati e particolari, non può diventare una città moderna, cioè una città come un'altra. … Mia figlia Adriana mi ha detto dell'acquasantiera, che stava in camera sua, si ricorda? Adriana gliela tolse dalla camera, quell'acquasantiera; ma, l'altro giorno, le cadde di mano e si ruppe: ne rimase soltanto la conchetta, e questa, ora, è in camera mia, su la mia scrivania, adibita all'uso che lei per primo, distrattamente, ne aveva fatto. Ebbene, signor Meis, il destino di Roma è l'identico. I papi ne avevano fatto – a modo loro, s'intende – un'acquasantiera; noi italiani ne abbiamo fatto, a modo nostro, un portacenere. D'ogni paese siamo venuti qua a scuotervi la cenere del nostro sigaro, che è poi il simbolo della frivolezza di questa miserrima vita nostra e dell'amaro e velenoso piacere che essa ci dà.»
« … Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perché, quando il potere è in mano d'uno solo, quest'uno sa d'esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà. …»
A poco a poco, superati gli scogli delle prime domande imbarazzanti, scansandone alcuni coi remi della menzogna, che mi servivan da leva e da puntello, aggrappandomi, quasi con tutte e due le mani, a quelli che mi stringevano più da presso, per girarli pian piano, prudentemente, la barchetta della mia finzione poté alla fine filare al largo e issar la vela della fantasia.
Mi è avvenuto più volte, svegliandomi nel cuor della notte (la notte, in questo caso, non dimostra veramente d'aver cuore), …
M'è sembrata una fortuna l'esser creduto morto? Ebbene, e sono morto davvero. Morto? Peggio che morto; me l'ha ricordato il signor Anselmo: i morti non debbono più morire, e io sì: io sono ancora vivo per la morte e morto per la vita.
Adriano Meis, che c'era stato, voleva quasi far da guida e da cicerone a Mattia Pascal; ma questi oppresso da tante cose che andava rivolgendo in mente, si scrollava con fosche maniere, scoteva un braccio come per levarsi di torno quell'ombra esosa, capelluta, in abito lungo, con cappellaccio a larghe tese e con gli occhiali. «Va’ via! va’! Tornatene al fiume, affogato!» Ma ricordavo che anche Adriano Meis, passeggiando due anni addietro per le vie di Pisa, s'era sentito importunato, infastidito allo stesso modo dall'ombra, egualmente esosa, di Mattia Pascal, e avrebbe voluto con lo stesso gesto cavarsela dai piedi, ricacciandola nella gora del molino, là, alla ‘Stìa’. Il meglio era non dar confidenza a nessuno dei due. O bianco campanile, tu potevi pendere da una parte; io, tra quei due, né di qua né di là.
Last words
Qualche curioso mi segue da lontano; poi, al ritorno, s'accompagna con me, sorride, e - considerando la mia condizione - mi domanda: - Ma voi, insomma, si può sapere chi siete? Mi stringo nelle spalle, socchiudo gli occhi e gli rispondo: - Eh, caro mio....Io sono il fu Mattia Pascal.
While living an oppressive, provincial existence, Mattia Pascal learns that he has been mistakenly declared dead. Blessed with that rarest of opportunities - the chance to start an entirely new life - he moves to a new city under an assumed name, only to find this new "free" existence unbearable. Faking his own suicide, he returns to his hometown, where his wife has remarried and his job has been filled. Reduced to a sad walk-on part in his own life, the only role now left to him is that of the "late Mattia Pascal".
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Book description
‟Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal.” È l'incipit del romanzo più noto di Luigi Pirandello: Il fu Mattia Pascal (1904). In esso è contenuta la cellula generativa dell'intero libro. Quando lo scrisse, lo scrittore siciliano ne sapeva quanto chi, scorse queste prime righe, si predispone alla lettura. Scelti nome e cognome, cominciano le peripezie del personaggio, il quale presto si trova in una situazione simile a quella dell'autore: deve lui stesso dare vita a ‟un uomo inventato”. Durante questa vera e propria avventura dei nomi, il libro assume la sua forma pienamente novecentesca, nella quale autobiografia e biografia immaginaria si confondono. Consanguineo di quelli che saranno i sei personaggi in cerca d'autore, Mattia Pascal sembra a tratti lanciare messaggi al lettore perché lo liberi dal vincolo cartaceo e dunque dalla sua muta solitudine. (piopas)