Click on a thumbnail to go to Google Books.
Loading... Il sacro bosco di Bormarzo nella cultura europeaby Enrico Guidoni
None Loading...
Sign up for LibraryThing to find out whether you'll like this book. No current Talk conversations about this book. no reviews | add a review
No library descriptions found. |
Current DiscussionsNone
Google Books — Loading... GenresLC ClassificationRatingAverage:
Is this you?Become a LibraryThing Author. |
L’isolamento e la secretazione di questa opera imponente e originalissima si spiega ad abundantiam con la sua ispirazione a credenze sincretistiche ed eretiche, ampiamente diffuse in campo europeo, circolanti negli ambienti filo imperiali e, nella Tuscia, ricollegabili al movimento degli Spirituali e del loro protettore ufficiale, il cardinale inglese Reginald Pole. Le profonde radici letterarie dei tematismi trattati nel Sacro Bosco trovano riscontro e alimento sia nei poemi cavallereschi - dall’Orlando Innamorato all’Orlando Furioso (già ampiamente utilizzati dalla storiografia, in particolare da Calvesi) - sia nell’attività poetica di Giuseppe Betussi, di Bernardo Tasso e, in modi più sostanziali, di Fraçois Rabelais; ma sia dal punto di vista dell’iconografia che da quella della vera e propria invenzione artistica, le opere di Bomarzo appaiono piuttosto come prototipi che come piatte materializzazioni di precedenti letterari, a dimostrazione di una sicura anteriorità rispetto, ad esempio, alla Gerusalemme Liberata. Nella divisione dei compiti, possiamo oggi attribuire a Michelangelo l’idea, l’impostazione di base e il suggerimento degli artisti, suoi diretti e fedelissimi allievi; a Raffaello da Montelupo, parte dell’esecuzione e gli interessi cavallereschi, documentati dalla sua preziosa autobiografia; a Leone e Pompeo Leoni il merito non solo degli interventi più incisivi e anticonvenzionali, ma anche il legame con l’Impero, i Gonzaga, l’ambiente milanese.
L’impronta michelangiolesca si accorda con l’esecuzione, entro il 1564, delle opere architettoniche principali e soprattutto delle grandi sculture scavate nei massi di peperino. Questo studio quindi si ricolloca idealmente ad un tema, quello della profonda influenza diretta e indiretta esercitata dal Buonarroti nell’Alto Lazio, che abbiamo lanciato nel 2000 con il Convegno di Capranica “Michelangelo e l’arte nella Tuscia” e che abbiamo approfondito con numerose altre ricerche particolari a carattere fortemente innovativo, tra le quali si possono ricordare gli articoli pubblicati su “Studi Vetrallesi”. Oggi, che anche quel Convegno viene ripreso nel titolo (“L’età di Michelangelo e la Tuscia”, Bagnaia 24 maggio 2005) senza consapevolezza e senza finalità critiche, è necessario riflettere sulla necessità di ampliare la nostra conoscenza e di applicare metodi di indagine più efficaci e moderni.
Si comprende quindi come in un quadro così rinnovato di riferimenti costituisca parte integrante del lavoro una cronologia degli avvenimenti, dal 1541 al 1570, che completa la documentazione citata nel saggio iniziale alleggerendo l’apparato delle note.
Per le fonti e la bibliografia si rinvia al fondamentale lavoro di Bredekamp, mentre come contributo ad una più ordinata e completa documentazione iconografica proponiamo una sintetica raccolta di cartoline ante 1960 (a dimostrazione anche dei mutamenti intervenuti nel Boschetto), una serie di foto degli anni ‘70 e la campagna fotografica appositamente eseguita nel 2001. Attraverso queste immagini, riguardanti spesso lo stesso soggetto in tempi diversi, si potranno constatare deterioramenti, completamenti, ricollocazioni di teste; ovviamente, in una ipotetica ricostruzione capillare della storia dei restauri e delle integrazioni andrà aggiunta idealmente l’ampia documentazione fotografica dell’Ufficio Centrale del Catalogo. ( )