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Roger-Pol Droit is a researcher at the Centre de la Recherche Scientifique.

Includes the names: Droit Roger Pol, Roger-Pol Droit

Works by Roger-Pol Droit

How are Things? (2003) 55 copies
Philosophie (2004) 6 copies
Et si Platon revenait... (2018) 5 copies
Un si léger cauchemar (2007) 3 copies
Les héros de la sagesse (2009) 3 copies
Des idées qui viennent (1999) 3 copies
Filosofia em 5 Lições (2010) 3 copies
Voltar a ler os classicos (2011) 2 copies
Esprit d'enfance (2017) 2 copies
Filozoflar Nasil Yurur? (2017) 2 copies
Ma philo perso de A à Z (2013) 2 copies
La passeggiata di Kant (2017) 2 copies
QU'EST-CE QUI NOUS UNIT ? (2015) 2 copies
Aquellos sabios locos (2004) 1 copy

Associated Works

Le débat 72 : novembre 1992 (1992) — Contributor — 1 copy
Le Débat, N° 137 Novembre-Décembre 2005 (2005) — Contributor — 1 copy

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Wenn ich nur noch eine Stunde zu leben hätte, was würde ich tun? Was würde ich denken, spüren, begehren? Was würde von mir bleiben? Roger-Pol Droit unternimmt in diesem Buch ein radikales philosophisches Gedankenexperiment.
 
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Fredo68 | May 18, 2020 |
Nella Valle dei Sarrasti, a poca distanza da Episcopio, una delle frazioni della città di Sarno, si trova una pista ciclabile realizzata dopo la tragica alluvione che colpì questi luoghi nel mese di Maggio del 1998. Lunga poco meno di un km, la pista circonda una delle diverse vasche costruite per drenare le acque che discendono dal sistema montagnoso che porta il nome di Saro. Un’idea ereditata dai Borboni per la difesa dell’ambiente dalle furie della natura.

Il territorio si estende per una decina di km da est a ovest in forma semicircolare, formando una sorta di valle a palcoscenico naturale proprio di fronte al golfo di Castellammare ed al Vesuvio. Dal Castello di Sarno sul Saretto, a Nocera, passando per la catena dei Monti Lattari con il monte Chiunzi e il Faito, l'occhio spazia su di un paesaggio tanto ineguagliabile quanto misterioso che vede al suo centro la città di Sarno distendersi armoniosamente sulla pianura che sfiora Pompei moderna ed antica.

Questi luoghi furono abitati dall'epoca neolitica da diversi insediamenti indigeni di popoli come gli Osci ed i Sanniti. A partire dal IX secolo prima di Cristo, presenze che durarono in epoca romana, fino all'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. La tribù dei Sarrasti ha dato il nome alla Valle e ciò basta per comprendere quanto sia importante questo corollario introduttivo per parlare di un libro che ho appena finito di leggere e che ha nella parola “passeggiare” la sua risonanza storica.

Mi riferisco a “La passeggiata di Kant - Filosofia del camminare in 27 ritratti” edito da “Ponte delle Grazie”. Tutto principia dal modo di intendere questa attività fisica che per l’autore del libro ha molta importanza, sia fisica che mentale. Sotto questo aspetto, quello mentale ha il ruolo principale, tanto fondamentale per la primaria attività dell’intelletto che caratterizza gli esseri umani: la filosofia. Il libro è costruito, appunto, intorno al legame esistente tra il camminare, il parlare e il pensare. Ed è ciò che fanno, meglio dire, facciamo in molti sulla pista “post-borbonica” di Episcopio, inconsapevolmente seguendo i consigli che attraverso uno straordinario viaggio nel mondo del pensiero filosofico, questo autore ha fatto nel suo libro.

Molti sono i sinonimi di questa parola con i quali Roger-Pol Droit, autore del libro, con i quali lui, accademico, filosofo e scrittore francese, passa in rassegna l’azione del “muoversi a piedi da un punto all’altro”. Il dizionario recita dicendo che questa attività “consiste nell’alternare marcia e corsa su strada o in campagna, per raggiungere un opportuno grado di forma fisica, in relazione al potenziamento o al mantenimento delle prestazioni muscolari e della funzionalità cardiorespiratoria dell’individuo”. Ma questo libro non tratta di questo. Tutto il suo ragionamento si basa su una rivisitazione in chiave filosofica tra le azioni del camminare, parlare e pensare.

Partendo dall’occidente, da Empedocle a Protagora, da Platone ad Aristotele, Pirrone, Diogene, Seneca e Apollonio di Tiana, accompagnandosi poi con camminatori di oriente quali Buddha, Lao Tzu, Confucio e Hillel, l’assoluto di Shankara e Milarepa che cammina in verticale, dopo una sosta, l’autore inizia una terza passeggiata in compagnia di camminatori metodici e di liberi bighelloni, come Guglielmo D’Ockam, Montaigne, Cartesio, Diderot e Rousseau, incontra, poi, Kant in tempo, per non perdere l’occasione di incamminarsi con energumeni moderni quali l’ungherese che andò a piedi in Tibet, Marx, Thoreau, Kierkegaard e Nietzsche, e confondersi dopo tra le parole, lungo il sentiero che conduce a Ludwig Wittgenstein.

“La filosofia sarebbe dunque una marcia? Quantomeno, un modo di procedere? Vi immagino ancora un po’ titubanti, non del tutto convinti. Probabilmente vi starete dicendo che mi beo di parole, che prendo alla lettera quello che è soltanto un modo di dire. Embe’, continuiamo a procedere. È possibile che i racconti che seguono, e gli incontri e le riflessioni che propongono, vi facciano cambiare idea. In essi si scopre difatti che un’argomentazione procede come noi per farsi strada: comincia destabilizzando il punto d’ancoraggio iniziale, rischia di cadere, si riprende con una risposta all’obiezione perturbante che è a sua volta sottoposta a critica.”

Così scrive Roger-Pol Droit. Io, insieme a mia moglie ed ai tanti amici ed amiche, camminatori e camminatrici noti o sconosciuti, abitudinari o irregolari sulla vasca di Episcopio, nella Valle dei Sarrastri, non sapevamo di “fare filosofia” marciando in maniera sistematica ed abituale. Non mi ero reso conto di “fare filosofia” passeggiando o camminando, marciando o correndo mentre l’occhio, con l’ausilio della mente, rielabora una storia ed una cultura del territorio, come fotografa o registra l’occhio di una telecamera.

Percorrendo quella pista, a destra il monte Saro propone al camminatore la visione della sue profonde ferite sul suo corpo di quella tragica notte del maggio 1998: oltre quaranta punti di frattura sulle quali l’uomo, ogni estate non si stanca mai di infierire con la violenza di tanti incendi dolosi. L’occhio si ferma, poi, sulla sagoma inconfondibile di “sterminator Vesevo”, tra un tripudio di fioriture di ginestre leopardiane, e si posa sulla guglia del campanile di Pompei con alle spalle la sagoma della lontana isola delle sirene Capri, dopo di aver sorvolato il magico luccicare del mare di Castellammare. La panoramica scorre sulla catena dei Monti Lattari, il Faito e il Chiunzi, passando per Gragnano, Pagani e l’antica Nuceria, per fermarsi sul Castello di Sarno sul Monte Saretto con la Chiesa del Carmine. Camminare e pensare, anche senza parlare di quella che è la Storia di questa terra che alimenta e nutre la filosofia.

“Ma questa è una passeggiata romantica, non è “camminare”, ebbe modo di esclamare nei confronti miei e di mia moglie alcuni giorni fa un camminatore sconosciuto, quando ci vide passeggiare lentamente. Soggiunse che era bene modulare questa attività fisica del camminare, rallentando la “moderna tendenza illuminista”, quella del “correre per arrivare sempre primi e in tempo”. Così ci disse, criticando l’umana corsa quotidiana del moderno modo di vivere di oggi, tanto affannoso quanto poco salutare per la qualità dell’essere. Quella frase detta, da uno sconosciuto che ci sorpassò correndo, ci fece riflettere sull’importanza del camminare con filosofia. Proprio quello che ha inteso l’autore di questo libro stabilendo le differenze che intercorrono tra parole quali “passeggiare”, “camminare” e “correre”.

Concludendo il suo libro, Roger-Pol Droit scrive: “Umani, siamo «esseri ambulanti». Il camminare può definire l’uomo tanto quanto il parlare e il pensare. L’uomo è il solo, fra tutti i viventi, a spostarsi in quel certo modo. Ecco perché mi sembra che non ci si possa accontentare di accostare quelle definizioni dell’umano: essere ambulante, essere parlante, essere dotato di ragione. Bisogna esplorarne i legami, esaminarne l’eventuale unità … Camminare, dunque, è esattamente uguale a pensare: orientarsi volontariamente verso le idee, procedere in direzione della verità, dei modelli, delle forme prime degli oggetti. Bisogna camminare-pensare, al fine di uscire dal mondo dei riflessi per intravedere le Idee eterne. Al fine, soprattutto, di diventare filosofo. Questa «conversione» di cui parla Platone non ha niente di religioso. Evoca piuttosto una conversione sugli sci, perché quel movimento del pensiero è analogo a una rotazione del corpo. Anziché guardare le parvenze, le ombre del mondo, adesso guarderemo le Idee. Non si tratta di dare alla mente la capacità di vedere, ma di orientare in modo diverso quella capacità preesistente, di volgerla nel senso opposto e di farla avanzare in quella nuova direzione.”
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AntonioGallo | Nov 2, 2017 |
A philosophical experiment to find out how things are? Things in the sense of paperclips, streetlights, computers, wheelbarrows etc. Fun idea but after initially finding it quite good I quickly got pretty bored with it. Not helped by the fact that it's a translation from French and seems heavily overloaded with romance language type words (is it ok when translating to convert things to more regular English? This translator didn't seem to think so.) as well as anecdotes that don't really work in translation.… (more)
 
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nocto | 1 other review | Dec 13, 2010 |
A philosophical experiment to find out how things are? Things in the sense of paperclips, streetlights, computers, wheelbarrows etc. Fun idea but after initially finding it quite good I quickly got pretty bored with it. Not helped by the fact that it's a translation from French and seems heavily overloaded with romance language type words (is it ok when translating to convert things to more regular English? This translator didn't seem to think so.) as well as anecdotes that don't really work in translation.… (more)
 
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nocto | 1 other review | Dec 13, 2010 |

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