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The Anatomy of Melancholy, by Robert Burton
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The Anatomy of Melancholy, (original 1621; edition 2009)

by Robert Burton

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2,121377,662 (4.25)107
This is the fourth volume of the Clarendon edition of Robert Burton's the "Anatomy of Melancholy" and the first of three volumes of commentary. It contains commentary on the text up to page 327 of Volume One.
Member:Mr.Obsidian
Title:The Anatomy of Melancholy,
Authors:Robert Burton
Info:General Books LLC (2009), Paperback, 172 pages
Collections:Your library
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Tags:CurrentRead

Work Information

The Anatomy of Melancholy by Robert Burton (1621)

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The narrator from the sample has a terrible accent and horrible pacing of the book. I really wish they would have a decent narrator read this book because it’s a lot to try and listen to the book. This book is out of copyright and you can get it free on project Gutenberg so don’t waste your money with the Kindle edition. ( )
  laurelzito | Apr 26, 2024 |
Despite William Gass's name being front and center on the cover, it was long into the text before I realized that he happened to have penned the introduction to this, my inaugural book choice of 2017 and last year's inaugural read, the Dalkey Archive edition of William Gaddis's The Recognitions, which also happens to have an introduction by none other than Gass. Coincidence or fate? Either way, I'm thankful to have finally meet the acquaintance of Robert Burton. I'm also thankful that New York Review Books has made available a one-volume edition of The Anatomy of Melancholy, however unwieldy it may be.

Read full review here: http://chrisvia.wordpress.com//2017/09/03/the-anatomy-of-melancholy-1651/ ( )
  chrisvia | Apr 29, 2021 |
Qui la malinconia sta anche per ipocondria. Questa è la recensione che ho fatto alla versione in lingua inglese.

Se in terra c'è un inferno, si trova certamente nel cuore di un uomo melanconico.

Gli uomini sono malvagi, maliziosi, traditori, e insignificanti, non si amano l'un l'altro né amano sé stessi, non sono ospitali, caritatevoli o socievoli come dovrebbero essere, ma falsi, dissimulatori, doppiogiochisti, disposti a tutto per raggiungere i loro fini, senza pietà, senza compassione, e per trarre un beneficio non esitano a procurar danno al prossimo.

Tutti i poeti sono pazzi.

Chi vive secondo le prescrizioni del medico, vive infelicemente.

La cucina è diventata un'arte, una scienza nobile; i cuochi sono dei gentiluomini.

L'ozio è un'appendice della nobiltà.

È chiaro quanto di più crudele è la penna che la spada.

Una religione è tanto vera quanto un'altra.

Una coscienza a posto è una festa continua.

Queste sono soltanto alcune citazioni tratte dal libro di cui intendo occuparmi in questo post. Posseggo l'edizione inglese che vedete riprodotta qui sopra. Un volume di ben 1342 pagine, pubblicato qualche tempo fa dalla "New York Review Books" in versione economica. La prima edizione della versione originale venne pubblicata in Inghilterra nell'anno del Signore 1621.

Ne vennero stampate diverse edizioni. L'opera di Robert Burton è un affresco enciclopedico di ciò che è stato detto e scritto sulla malinconia, a cominciare dagli autori più antichi. La malinconia, in questo testo, è una malattia universale e l'angoscia esistenziale del soggetto malinconico diventa l'emblema della condizione umana: l'anatomia della malinconia è dunque anatomia dell'uomo e anatomia del mondo.

Questo è un libro che, come bibliomane, ho tenuto per diverso tempo sotto osservazione, bene in vista sullo scaffale di fronte al tavolo dove scrivo, riservandomi di leggerlo e parlarne appena mi afferrava la "malinconia". In effetti la patologia di cui si occupa questo pastore anglicano non era la malinconia come la intendiamo noi oggi.

Malinconia deriva dal tardo latino "melancholia" e, questo, dal greco "melankholia", composto da "melas", "nero", e "khole", "bile". "Bile nera", quindi. Uno dei quattro umori sempre presenti nel corpo umano e dalla cui combinazione dipendeva la salute o la malattia. Il suo, quindi, si rivela essere, a mio parere, uno straordinario studio sulla condizione umana.

Questo libro non è un libro, un trattato, un romanzo, un poema epico, una storia, è piuttosto la negazione dell'idea di libro e di tutti i libri possibili che erano stati scritti fino ad allora. Ricordate che siamo agli inizi del seicento, la stampa del tempo era una attività commerciale e culturale ancora giovane, pensate alle comunicazioni dell'epoca. Burton voleva spiegare, facendone un resoconto, quelle che erano per lui le emozioni umane. Non si tratta solo di malinconia, depressione, tristezza. Si tratta di tutta la condizione umana.

Sono le ragioni della malinconia ad interessare lo scrittore, le motivazioni, le basi della malinconia, quali ad esempio, la bellezza, la geografia, la digestione, le passioni, le bevande, la gelosia, il bacio e così via. Occasioni, situazioni che danno origine e scatenano la malinconia. Sotto le spoglie di Democrito, Robert Burton sorridendo dice che su questa terra tutti e ognuno o è stupido o è folle, lui stesso incluso.

Questo è un libro che non si legge tutto intero, dall'inizio alla fine. Esiste anche la traduzione in italiano e salva il lettore dalla prosa inglese del seicento non sempre digeribile. E' un non-libro, lo si gusta a pezzettini, scegliendosi un argomento, un sintomo, una situazione, uno stato d'animo, una sensazione.

La bravura dello scrittore si esprime interamente per mezzo della sua penna graffiante e dell’ironia al limite del sarcasmo. La penna è la spada con cui il melanconico pastore anglicano vibra terribili stoccate che non risparmiano nessuno. Dei suoi colleghi scrittori, Burton dice: “[…] lardellano i loro magri libri col grasso delle opere degli altri. "Inediti fures" [ladri illetterati] Una colpa che tutti gli scrittori considerano tale e di cui tuttavia sono colpevoli essi stessi, "trium literarum homines" (uomini di tre lettere, fur = ladro) sono tutti ladri. Rubacchiano dalle opere degli autori antichi per riempire i loro nuovi commenti; scrostano i letamai di Ennio e il pozzo di Democrito, come ho fatto io. Lo dice lui stesso!

Per cui succede «che non solo biblioteche e negozi sono pieni delle nostre putride cartacce, ma anche seggette e latrine», "Scribunt carmina quae legunt cacantes".” Burton ci ha negato la traduzione di questa frase, che potrebbe suonare all’incirca così: Scrivono versi che vengono letti mentre si defeca, (pag. 58,59). Sui magistrati egli afferma: “Vedere un agnello giustiziato, un lupo pronunciare sentenze, latro [un rapinatore] chiamato in giudizio e fur [un ladro] seduto sul seggio; il giudice punire severamente gli altri e comportarsi peggio lui stesso, eundem furtum facere et punire, rapinam plectere, cuum sit ipse raptor [lo stesso uomo commettere il furto e punirlo, punire una rapina ed essere lui stesso un rapinatore!]. (pag. 102)

E che cosa pensare degli avvocati? “Che ora si sono moltiplicati come tante cavallette, non i padri ma le pesti del paese, e in gran parte una genia di uomini superbi, malvagi, aridi, litigiosi "crumenimulga natio" ecc., un gruppo di spremi quattrini, una compagnia di parolai, di avvoltoi con la toga, "qui ex injuria vivent et sanguine civium" [che vivono derubando e uccidendo i loro concittadini], ladri e seminatori di discordie.

Essi sono peggiori di qualsiasi predatore di strada "auri accipitres, auri exterebronides, pecuniarum hamiolae, quadruplatores, curiae harpagones, fori tintinnabula, monstra hominum, mangones" ecc.: si assumono l’incarico di fare la pace, mentre in verità sono i veri disturbatori della nostra pace, una compagnia di gente avida, senza religione, di esattori sanguisughe e opprimenti, comuni legulei famelici, "rabulas forenses", che contemporaneamente amano e onorano le nostre buone leggi, i nostri degni avvocati, che sono tanti oracoli e piloti di buon governo”. (pag. 126)

Ce n’è poi in abbondanza anche per poeti, retori, oratori, innamorati, librai, cattolici e protestanti, e non mancano i politici. Insomma, questo libro è "uno dei più pazzi e più perfettamente organizzati assalti paranoici alla concentrazione umana che sia mai stata fatta", come si è espresso il critico Angus Fletcher. ( )
  AntonioGallo | Sep 24, 2020 |
The penultimate Self-Help book. The medical man's history primer of Galen and Astrology. The completionist's guide to a completely exhaustive and exhausting compendium of (now) obscure references, to Latin, and frankly inexplicable inclusions.

If he went out of his way to design for us a perfect way to exhaust us with his knowledge of poverty, nobility, love, the Humors, the Galenic qualities of all kinds of foodstuffs, and do it with more in-text annotations than actual text, doing it all in that peculiar idiom common to any English text coming out before the advent of the DICTIONARY, then I think he succeeded. Admirably.

And let me tell you... Robert Burton defeated me.

He set out to give us the full wide range of depression in this academic treatise that fills to the height of 1620's modern medicine, stoops to the depths of hundreds of poetical sources, revolts us in explaining just HOW one might get depressed... and teaches us how to fight our own depression by making us come up with a thousand and one reasons why we ought to stop this FREAKING ENORMOUS BOOK and JUST STOP... thereby relieving our -- by now -- enormous melancholy.

I made it half-way through. I found myself negatively enjoying practically every new step in this amazingly long-winded treatise. I could not find a single aspect about it that made me want to continue.

Not the science, not the beginnings of psychology, not the weird historical curiosity.

I was defeated. I am sad to say, after 29 hours of Librivox and epub slogging, that I will now DNF.

Goodnight.

I may laugh myself to sleep. The relief is palpable. ( )
1 vote bradleyhorner | Jun 1, 2020 |
Reality should be snared, at least where it is convenient. Burton demanded browsers and I obliged. I did not read this book sequentially. Nor was any effort made to complete this book cover-to-cover. It was read in a flourish of skips and delights: anti-oedpian piercing and parsing. Gazes, gouges and gatherings, baby. I will return to this for the rest of my life. ( )
1 vote jonfaith | Feb 22, 2019 |
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Definire che cosa effettivamente sia e a quale genere letterario appartenga The Anatomy of Melancholy (Anatomia della melanconia) di Robert Burton, che ebbe una grandissima diffusione, non solo in Inghilterra e ben oltre la vita dell’autore - è attività in cui si è esercitata per secoli la critica, giungendo, infine, alla conclusione, che quest’opera i generi letterari li sperimenta tutti, dall’enciclopedia al centone, dal trattato di medicina o di retorica alla satira menippea, senza che l’autore ritenga che adottare con coerenza una ben definita tipologia di scrittura sia sufficientemente efficace a dare una sistemazione logica alle varie manifestazioni della malattia melanconica e a mostrarne la complessità. Uno dei principi fondamentali dell’opera di Burton è, infatti, che la melanconia sia una patologia estremamente diffusa, quasi connaturata con il genere umano e che possa quindi assumere forme anche molto diverse. Dietro la maschera di Democrito - il filosofo di cui si dice che sezionasse piccoli animali per trovare la sede della melanconia - e con lo pseudonimo di Democrito iunior, vale a dire di colui che intende proseguirne l’opera con lo studio e la scrittura, il narratore, con reminiscenza shakespeariana, osserva il mondo come teatro e, incurante del paradosso, conclude che la follia, (una condizione in parte sovrapponibile allo stato melanconico, anche se nel corso del trattato finirà col differenziarli almeno in parte) è ovunque, negli individui come nelle città e negli stati e che, quindi, tutti sono matti.

Seguendo il modello delle fonti mediche principali, tra tutti Galeno e, indirettamente, Ippocrate, l’autore divide il trattato in Ripartizioni in cui le cause, i sintomi e i possibili interventi terapeutici sono analizzati separatamente, per confluire poi in una interpretazione globale della malattia. Il punto su cui Burton insiste in tutto il trattato è che la melanconia riguardi sia la vita fisica che quella psichica del melanconico, e che lo studio filosofico-psicologico della malattia debba affiancare quello puramente clinico - ed è per questo che l’autore, ecclesiastico e non medico, si sente legittimato a trattare l’argomento. Le sue fonti e le sue auctoritates, numerosissime, sono infatti sia medici che filosofi o retori, dell’antichità o a lui contemporanei, le cui opinioni sono accostate, a volte semplicemente giustapposte, anche se in contrasto tra loro. Inoltre, accanto ad opere di carattere scientifico, vengono citati testi di magia, trattati di astrologia, racconti fantastici, per cui, per esempio, una diagnosi di André du Laurens, medico illustre, un vaticinio di Apollo e una citazione da Ermete Trismegisto sono posti uno accanto all’altro senza troppa preoccupazione.

La teoria degli umori, di antica origine ippocratica, e ancora largamente insegnata nelle Università, dove le scoperte di Harvey, di Vesalio, di Ambroise Paré faticavano a farsi strada, è alla base della trattazione dal punto di vista medico e quindi la melanconia è vista soprattutto come il prevalere della bile nera (mélaina kholé) sugli altri umori. Ma sottolineando l’interazione tra il fisico e lo spirituale (oggi diremmo psichico) che egli ritiene all’origine della malattia melanconica, Burton insiste molto sul fatto che a causare la patologia sia un difetto della facoltà che egli chiama indifferentemente “fantasia” o “immaginazione”, che è da un lato, etimologicamente, quella che presiede alla formazione delle immagini, dall’altro ha la funzione di discernere e selezionare gli stimoli che vengono dagli oggetti e penetrano nell’occhio: l’eccesso di bile nera, soprattutto se adusta, portato dagli spiriti vitali verso il cervello, la corrompe. Se la capacità di discernere si altera, la fantasia malata prevale sulla ragione e impedisce alla persona di tenere sotto controllo le proprie passioni. Il rapporto tra ragione e immaginazione è, dunque, quello che rende la persona sana o melanconica. Poiché l’immaginazione può alterarsi in molti modi, molti sono gli eventi della vita di una persona che possono provocare la malattia. L’ozio e la solitudine sono i più importanti: pensare ossessivamente a qualcosa, la fa sembrare diversa da com’è, le attribuisce un’importanza eccessiva, toglie spazio ad altri pensieri e genera sofferenza; anche alcuni cibi possono avere lo stesso effetto. Le passioni, quelli che comunemente chiamiamo “vizi”, come l’ira, l’invidia, la gelosia, ecc sono causa e conseguenza dell’alterazione della fantasia.

La passione che più di tutte produce la malattia e ne rende difficile la cura è l’amore. Burton dedica a questo tutto il terzo trattato e con grande ricchezza di citazioni, lo analizza da ogni punto di vista, insistendo soprattutto sul modo in cui la malattia altera l’immagine che chi è innamorato forma dell’oggetto del suo amore. L’immaginazione malata fa apparire la persona amata molto diversa da come è effettivamente, la passione genera ansia, per esempio, se gli innamorati sono lontani, e immaginano pericoli inesistenti o tradimenti e alla fine la malattia si manifesta.

Le terapie della melanconia sono prima di tutto “psicologiche”: non lasciare troppo a lungo sole le persone, evitare che stiano in ozio, cercare di correggere le percezioni distorte del melanconico; ma occorre anche evitare determinati cibi, le spezie, per esempio, vivere in zone salubri e, se è possibile, all’aria aperta ecc; poi, se tutto è inutile, devono intervenire i farmaci, principalmente l’elleboro, sostanza di elezione per la malattia, ma anche composti di erbe che gli studiosi ritengono di provata efficacia, oltre ad alcuni stravaganti rimedi, legati alla fantasia popolare o alla magia. Ancora, i salassi e vari modi di purificare il corpo possono essere parte della terapia. La prognosi è favorevole se si tratta di malattia sporadica, meno se la patologia data da molto ed è divenuta, per così dire, cronica. L’esigenza di tenere sotto controllo una mole imponente di dati e una grande varietà di argomenti, l’ansia di chiarezza e di completezza rendono la prosa di Burton una macchina retorica pletorica e di grande complessità, ma non per questo priva di vivacità e di ironia. Lo scrittore privilegia periodi lunghi e contorti, con scarsi segni di interpunzione (il punto fermo è raramente usato), in cui la continuità del discorso è sistematicamente interrotta da citazioni da fonti disparate, da lunghe digressioni, da elenchi interminabili di nomi, di oggetti, di sentimenti, di caratteristiche fisiche dei personaggi, in una sorta di horror vacui che gli fa riempire la pagina di ogni genere di osservazioni, spesso in contraddizione tra loro, in cui risultati scientifici e racconto fantastico sono accostati senza soluzione di continuità. L’esempio più significativo è la lunghissima digressione sull’aria che mette insieme, con l’ironico pretesto di volerle verificare in un immaginario viaggio interplanetario, ipotesi scientifiche, leggende, narrazioni mitologiche e finisce per apparire una ipertrofica summa dello scibile umano e delle tradizioni popolari.

L’andamento non lineare del periodo, la ricchezza della retorica, se da un lato mimano la varietà e la difficoltà degli argomenti, hanno tuttavia un significato più profondo, che inserisce pienamente questo scrittore nella cultura che chiamiamo “barocca”. Arrivare ad un concetto per strade non rettilinee arricchisce la conoscenza e potenzia una qualità cara a questa cultura, cioè il wit, l’arguzia, l’intelligenza che consente di percepire e indagare la complessità infinita del mondo. Le figure del discorso, la metafora in particolare, ricreano nel linguaggio quell’affinità tra le cose che non è più possibile rintracciare nella natura. Di lì a poco Emanuele Tesauro nel suo Cannocchiale aristotelico, paragonerà la metafora, che crea relazioni tra cose che di solito sono separate, al cannocchiale, che fa vedere le cose lontane come se fossero vicine. Forse l’importanza e l’originalità di Burton stanno proprio nell’avere applicato questo modello culturale all’analisi “scientifica” della melanconia.
added by AntonioGallo | editIl sole 24 ore, Stefania D0Agata D'Ottavi (Mar 19, 2023)
 
Robert Burton's The anatomy of melancholy, first completed in 1621, appears to be a medical work, but is described in the Tudor edition of 1927 by Floyd Dell and Paul Jordan-Smith (Tudor Publishing Company, New York) as 'a sort of literary cosmos, an omnium gatherum, a compendium of everything that caught the fancy of the scholar.. . abounding in quaint conceits, excerpts and quotations'. The 52-page index to the 984-page text reflects this anecdotal profusion.
added by KayCliff | editThe Indexer, Hazel K. Bell (Aug 6, 1995)
 

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Author nameRoleType of authorWork?Status
Burton, Robertprimary authorall editionsconfirmed
Dell, FloydEditorsecondary authorsome editionsconfirmed
Gass, William H.Introductionsecondary authorsome editionsconfirmed
Gowland, AngusEditorsecondary authorsome editionsconfirmed
Jackson, HolbrookIntroductionsecondary authorsome editionsconfirmed
Jackson, HolbrookEditorsecondary authorsome editionsconfirmed
Jordan-Smith, PaulEditorsecondary authorsome editionsconfirmed
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Dedication
First words
Gentle Reader, I presume thou wilt be very inquisitive to know what antic or personate actor this is, that so insolently intrudes upon this common theatre of the world's view, arrogating another man's name; whence he is, why he doth it, and what he hath to say.
Quotations
Last words
Disambiguation notice
Written by Robert Burton as Democritus Junior
Publisher's editors
Blurbers
Original language
Canonical DDC/MDS
Canonical LCC

References to this work on external resources.

Wikipedia in English (5)

This is the fourth volume of the Clarendon edition of Robert Burton's the "Anatomy of Melancholy" and the first of three volumes of commentary. It contains commentary on the text up to page 327 of Volume One.

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