Gian Antonio Cibotto (1925–2017)

Per qualche ragione la storia contemporanea ha dei grandi buchi, enormi tragedie accadute nel dopoguerra sembrano destinate alla condanna ad una memoria minore. E così l’alluvione del Polesine causata dall’esondazione del Po rimane sempre sullo sfondo tra i grandi disastri causati dalla natura e dalla scarsa attenzione dell’uomo. E quindi va apprezzato questo testo che recupera un vecchio lavoro di un giornalista rovigino, Gian Antonio Cibotto, che ha raccontato quei terribili giorni con il rigore del cronista e con la penna di uno scrittore di razza. Cibotto è stato presente alle operazioni di soccorso, anzi vi ha partecipato attivamente. E la presenza gli ha consentito non solo la conoscenza delle cose, ma anche, e soprattutto, di poter descrivere con i dettagli gli stati d’animo, le paure e le speranze degli alluvionati. Dalla vergogna di espletare i bisogni dalle barche senza alcuna riservatezza, alle scarpe riempite con la paglia per combattere il freddo e dall’umidità, dal bellissimo ricordo del beone che beatamente è rimasto per giorni da solo in una cantina a pregustare il sapore del paradiso in terra alle pulsioni sessuali che ogni tragedia libera. Cibotto ha mestiere e dà anche una lettura politica della tragedia, ma anche questo è un merito per questo libro. Perché ci ricorda che, una volta, la politica era fatta di idee, anche non condivisibili, e di conseguenzialità. Un libro piccolo ma interessante.… (more)